Come previsto anche questo mese è
da pazzi con gli impegni, soprattutto istituzionali e quindi vado avanti a
rilento ma ci siamo!
Fu il mio primo vero incontro
ravvicinato con Dio a salvarmi dopo il suicidio di zio Giovanni nel 1992.
La sua tragica morte per me fu
l'inizio di uno dei periodi più bui della mia esistenza, fu l'incontro con
Padre Juan Baptista Capellaro a rimettere in moto, l'agosto di quell'anno tutta
la mia vita.
Un ringraziamento affettuoso va
al mio parroco, se lui non mi avesse dato la possibilità di fare l'esperienza
di una settimana di ritiro spirituale insieme ad altri giovani provenienti da
tutta Italia e in particolare dalla nostra Provincia, credo che le mie scelte
sarebbero state decisamente diverse e la mia vita sarebbe stata rovinata da una
serie di decisioni infelici.
Si sa che 17 anni non sono un bel
momento nella vita dei ragazzi, si tratta di un'età di passaggio in cui ti sembra
di essere "tu contro tutti", se ci aggiungiamo la gestione di un suicidio
"senza perché" la frittata è fatta.
Quell'estate Don Gastone mi
chiese di accompagnarlo insieme ad altri ragazzi del paese a Roma per una
settimana di preghiera e lavoro "comunitario".
In quel periodo e per i
successivi tre anni ho incontrato persone straordinarie che mi hanno davvero
reso la vita più piena ma tra queste una in particolare ha lasciato un segno
indelebile nella mia vita: padre Capellaro.
Friulano di nascita e argentino
di adozione era considerato uno dei "profeti" della Chiesa, uomo colto,
di grande spessore morale, simpaticissimo ma anche tanto semplice: le sue
parole sapevano arrivare direttamente al cuore dell'altro. Sempre.
Furono proprio le sue parole
insieme al sostegno di Don Gastone, Don Ugo e Don Gino Moro oltre ai ragazzi
che come me stavano facendo quell'esperienza, a cambiarmi, in un certo
"senso", la vita.
Sono sempre stata una persona
particolarmente riflessiva soprattutto sugli eventi "negativi" o che
reputavo tali della mia vita, quanto estremamente impulsiva e poco
razionale/riflessiva per quello che invece riguardava le cose/opportunità a "mio
insindacabile giudizio" positive: da rimarcare che quello che per me
era ed è positivo non necessariamente lo è altrettanto per il resto del
pianeta: di norma sono una che va controcorrente! Devo ancora capire se è un
bene o un male...
É proprio in uno dei miei momenti
riflessivi e di grande dolore per la perdita "senza apparente perché"
da poco subita, in cui il mondo è un posto brutto e "non è possibile che
quella sbagliata sia sempre io" che si fanno strada nel mio cuore le
semplici parole di padre Capellaro che cambieranno definitivamente la strada
intrapresa per un percorso decisamente più in salita, duro e difficile ma che
sinceramente rifarei in ogni suo passo: tutto quello che è stato mi ha portato
ad oggi e ai grandi cambiamenti della mia vita.
Mi disse: "Ricordati che il Signore non ti fa desiderare una cosa
perché non vuole vederla realizzata".
Parole semplici ed oneste che
portarono e portano luce al mio cuore ogni volta che ci penso: quello fu il mio
vero incontro con la Fede. Incontro tanto importante da dedicargli la mia tesi
di laurea ( i prof avevano consigliato a mia mamma di non farmi studiare
ricordate?): "A Don Gastone Liut, Don Gino Moro e Padre Juan Baptista Capellaro
per aver sempre creduto in me e nelle mie capacità".
Il dono di una fede salda aiuta
davvero nei momenti brutti dell'esistenza ed esalta i momenti belli. Da sola
per me, negli anni, non è stata sufficiente ma sentire di avere una
"casa" fatta di amore sincero e "non giudicante" ma anzi dove
poter respirare misericordia e perdono per i propri errori e dove poter tornare
se necessario è stata e sarà sempre fonte vera di salvezza per me.
La cosa più naturale per me è
stato il voto alla Madonna del Lussari quando mi ammalai di cancro nel 2013,
per me che appena riuscivo a muovermi vista la mia stazza, riuscire ad arrivare
in cima con le mie gambe era ed è la cosa più estrema che potessi offrire in
cambio del miracolo della guarigione.
Padre Capellaro e i suoi consigli
mi mancano tanto, morì il 24 agosto del 2008. Io ero al lavoro in Irlanda in
quei giorni presso L'Education College di Dublino. Rimpiango ancora di non
essere potuta andare al suo funerale, se lo avessi saputo sarei rientrata per
tempo. Così non è stato.
Oggi passo almeno due o tre volte
l'anno a portargli un saluto e una candela sulla sua tomba a Rivolto (Ud), ci
parlo, gli racconto cose che so già conosce perché veglia tutti noi da lassù:
ma mi fa bene andare a trovarlo, mi fa piangere ma poi quando risalgo in
macchina le sue parole si fanno forti nella mia testa e non mi resta che
rialzarmi e andare a fare del bene a me stessa e agli altri come mi ha
insegnato quella lontana estate del 1992.
Preferisco andarci da sola e non
con il viaggio organizzato ogni anno dalla mia parrocchia perché il nostro
rapporto lo voglio tenere a due: ne sono gelosa in effetti, un po' anche per
sentirmi libera di vivere i miei sentimenti per lui come meglio credo. So che
capirebbe.
Capiva sempre, tutto e tutti ma
era anche severo e sicuramente alle parole di conforto seguivano anche quelle
di sprono, a volte dure ma sempre giuste. Non era uno che te le mandava a dire.
Quello che bisognava fare, andava fatto.
Rimpiango di esserci arrivata
tardi ad avere una vita degna del dono che il Signore ci ha fatto permettendoci
di nascere e di fare le nostre scelte: ma di quello che sto facendo sono
abbastanza soddisfatta. Posso sicuramente fare di più e molto meglio ma sapere
che ogni mia decisione sia essa personale oppure istituzionale è presa
considerando il bene dell'altro come "sopra ogni cosa" mi fa stare
tranquilla: so di essere sulla buona strada.
Certamente tutte le decisioni
possono essere più o meno condivise perché è nell'ordine delle cose avere idee
e opinioni diverse ma il centro di tutto questo è uno solo: non perdere mai la
centralità dei bisogni dell'altro e cercare per quanto possibile di prendere
decisioni che portino al soddisfacimento di questi e non del proprio e solo
interesse.
A volte come potete ben
immaginare è un'arma a doppio taglio perché in tutto questo non si deve perdere
di vista anche quello che ci "fa bene" e le nostre legittime esigenze
umane. Questa è una cosa più difficile da raggiungere rispetto al bene degli
altri, paradossalmente per chi ha un carattere e una visione come la mia viene
più facile occuparsi degli altri che di se stesso.
Qui mi rientrano in gioco forti e
chiare le parole di Padre Capellaro "Ricordati
che il Signore non ti fa desiderare una cosa perché non vuole vederla
realizzata" : lui in fondo parlava dei "miei" desideri che
però anche se erano miei visto che il Signore me li faceva
"desiderare" in un certo qual modo erano "buoni" anche per
gli altri.
Morale della favola fare del bene
a se stessi contiene al suo interno anche il bene dell'altro perché questo ci
spingerà ad essere aperti, propositivi ed in ascolto a differenza di quanti si
arrocano sulle loro visioni e posizioni senza mai mettersi in discussione per
il bene comune.
A tutti piacerebbe avere delle
risposte "univoche e certe" e a me più di altri, credo mi donerebbe
stabilità e certezza e se così fosse magari non sentirei nemmeno la voglia di
"abbuffarmi".
Non lo scoprirò mai.
Quello che so per certo è che ho
cominciato a darmi dei "no" veri ai miei "capricci da bambina
sola e abbandonata" e questo mi ha portato a una considerevole riduzione
degli attacchi "pre abbuffata".
Non mi pare vero di esserci
finalmente arrivata: speriamo sia duraturo!
Al momento posso e devo lavorare
soltanto su di me, l'ultima visita ortopedica è stata lapidaria: per loro non
potrei più neanche lavare i piatti figurarsi camminare o fare ginnastica/sport.
Non mi arrendo, in attesa del
prossimo consulto nel mese di luglio proseguo con gli allenamenti, ho promesso
che sarei salita sul Lussari e sul Lussari salgo a costo di dover strisciare:
perché se è un mio desiderio il Signore me lo farà realizzare.
Alla prossima!
P.s. Abbiate pazienza, appena ho
più tempo scriverò ancora.